Luisa Casiraghi RASSEGNA STAMPA |
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Dalla Rassegna Stampa
Dicono di Luisa Casiraghi
Chantal Largeard
“Les Saisons de la Danse” - 16.4.1988
“Coreografa in ascesa, fantastica danzatrice : è sufficiente, come dice Francis
Cabrel, che “apra lo spazio delle sue braccia perché tutto ricominci” … nel suo
modo di coreografare; un modo unico di palpare l’aria con la punte delle dita o
di immobilizzare l’istante nel bel mezzo di un movimento…”
Enrico Gatta
“La Repubblica” – 4.7.1990
“Con Cactus Florence Dance Festival ha invece presentato uno dei maggiori
talenti italiani, Luisa Casiraghi, che dall’esperienza con Carolyn Carlson ha
saputo conquistare piena autonomia espressiva, raggiungendo peraltro tensioni
intellettuali, narrative, ironiche e drammatiche che si fondono infatti con una
figura femminile di originalissimo fascino personale ed artistico.”
Roberta Zunini
“Il Giornale” – 19.12.1989
“Questa volta è andato in scena l’ultimo lavoro di una maestra delle cosiddette
danz’autrici, Luisa Casiraghi, coreografa di respiro internazionale, il cui
curriculum vitae lungo e complesso spiega la presenza di questa figura
importante per la danza contemporanea. In “Cactus” ha confessato, con gesti,
passi, figure, trasformismi, la bellezza del corpo, che assume inevitabilmente
un significato dolente quando a muoverlo è una mente critica sulle
contraddizioni del mondo.”
Jean Marc Adolphe
“L’Humanité” – 18.4.1987
“Più violento, il vocabolario di Luisa Casiraghi, in “Giù non c’è più nessuno”,
testimonia di un lavoro senza concessioni sul movimento: i ritmi e gli arresti
improvvisi scompongono la falsa voluttà dei corpi femminili, posseduti da
un’energia sfaccettata senza tregua…”
Lise Brunel
“Les Saisons de la Danse” – 15.2.1987
“Luisa Casiraghi, in “Neo”, dà prova di un modo di coreografare innovativo, a
conferma di un reale sapere coreografico, che parte da una scrittura
estremamente sensibile e professionale.”
Igor S.
“Dernières Nouvelles d’Alsace” – 14.5.1988
“L’avvenimento si è prodotto là dove non lo si attendeva ed è stato la
rivelazione di una coreografa italiana, Luisa Casiraghi, con la coreografia “Giù
non c’è più nessuno”, che una buona parte del pubblico ha ovazionato con rara
fiamma. E’ vero che le storie di donne che racconta con carico emozionale
parlano senza alcuna ambiguità. Ritroviamo qui la forza propria alle creazioni
degli “Esquisse” … “Giù non c’è più nessuno” è una creazione di sorprendente
densità, molto mediterranea nella sua essenza stessa. Di volta in volta
luminosa, aspra nella sua violenza contenuta e qualche volta liberata e ricca di
una tenerezza infinita. Con una gestualità semplice, ma espressa con un
intensità rara( il gesto qui è spontaneo, naturale, ordinario e allo stesso
tempo trasfigurato), tutto si iscrive nel viaggio di Luisa Casiraghi. Tutto
danza e stupisce. Non soltanto il corpo ma anche lo sguardo. Tutto ciò
conferisce allo spettacolo un’espressività fortissima che fa delle donne di
Luisa Casiraghi delle eroine di Llorca o delle Antigoni ed Elettre della Grecia
antica.”
Igor S.
“L’Alsace” – 7.5.1989
“E poi la grande Luisa Casiraghi è arrivata: e tutti erano subito sul chi vive.
L’anno scorso la coreografa aveva sedotto con una creazione sofisticata, di un
reale impatto poetico, (quasi romantico). Svolta a 180° e quelli che si
aspettavano di ritrovarla uguale, hanno scoperto un altro lato di Luisa
Casiraghi: gambe d’acciaio! “Cactus” è stata l’occasione per scoprire
innanzitutto tutte le risorse (che sono grandi) della danzatrice. La
dimostrazione è stata perfetta, e Luisa Casiraghi si è presa gioco di tutte le
difficoltà che ha posto a se stessa. Tanto di cappello! E poi c’è stata tutta
quella gestualità sorprendente, effettuata quasi sempre in posizione
accovacciata, utilizzando le gambe d’acciaio, come un ragno. Non una sola curva
ondeggiante, non una sola posizione di grazia languida. Il corpo della
danzatrice è diventato il centro di una geometria tutta ad angoli. Aggiungete a
tutto ciò un combattimento feroce contro un materasso tanto enorme quanto
impavido. Piantato sulla diagonale permetteva a Luisa Casiraghi di dimostrare il
suo talento di scalatrice. Una punta di humor faceva allora passare una nota di
freschezza!”
Dominique Bannwarth
“L’Alsace” – 14.5.1988
“In “Giù non c’è più nessuno” i contatti fra i danzatori si sfumano appena per
dislocarsi quasi immediatamente. La sensualità, qui, non è che figurata:
innanzitutto essa produce il segno della sua latenza. Malgrado l’apparente
sobrietà della scena e dei costumi, la coreografia si legge in tocchi multipli,
quasi intimi, che si arricchiscono di respiri più profondi. Una specie di “stato
di grazia” dove la purezza delle forme si altera della propria perfezione, dove
l’immagine sconfina all’icona.”
Bernadette Bonis
“Ballet International” – 7.1989
“Luisa Casiraghi, splendida danzatrice italiana, ha meravigliato la platea con
il fresco e nuovo linguaggio di “Cactus”, nel quale ha abbandonato l’usuale
estetica di movimento, in favore di una stretta e severa geometria.”
Paola Calvetti
“La Repubblica” – 21.12.89
“Altera, diafana, di una bellezza antica che sfugge ad ogni classificazione.
Autrice profonda e riflessiva, la Casiraghi traduce sulla scena, con “Cactus”, i
malesseri esistenziali della sua generazione, e lo fa attraverso una gestualità
rarefatta ed essenziale, priva di orpelli ed eccessi: è, il suo, un cammino
interiore ed ermetico, indice di una sensibilità non comune.”
Virginia Cacchi
“La Sicilia” – 18.4.1989
“Assolutamente non convenzionale, denso di concettualità e di tensione
intellettuale e fisica, “Cactus” significa contrasto tra essere e apparire,
schizofrenia fra un’esteriorità di spine e un tenero interno. Liberazione dai
rumori del mondo e invincibile attaccamento alla terra fino all’identificazione
con il deserto, “Cactus” esprime la bipolarità e complessità di una figura
femminile fuori dagli schemi. Impegnata a disegnare un tipo di donna non
pragmatica né ideale, ma sfuggente se pur vera, Luisa Casiraghi appare
sofisticata laddove normalmente chiunque altra sarebbe apparsa goffa.”
Wolfang Lehman
“Der Tagesspiegel” – 29.8.1989
“Più ancora Luisa Casiragh, in “Cactus”, si è lasciata attrarre dal tentativo di
tradurre l’uniformità di comportamenti e di situazioni concrete, nell’uniformità
dell’azione scenica. Indubbiamente il pubblico è rimasto affascinato dalla
logica dei movimenti di questa danzatrice, centrati sullo spostamento basso
verso il terreno, le ginocchia sempre volutamente flesse; quasi volesse
esprimere attraverso il corpo un’infermità o una deformazione dell’anima.
L’effetto è stato sorprendente.”
Fabienne Arvers
“Pour la Danse” – 6.1989
“Con “Cactus”, Luisa Casiraghi, per la seconda volta ad “Eurodanse” pone una
vera problematica coreografica: come lo spazio piatto, la superficie sulla quale
si danza, è messa in rapporto con il volume, il movimento? A quale grado di
tensione si produce quell’avvenimento che si chiama danza? All’origine un testo
di Tahar Ben Jelloun racconta il viaggio di un uomo che lascia i rumori del
mondo per andare verso il paradiso, per lui il deserto. La tra trascrizione
coreografica di questo viaggio nell’immaginario è risolta nell’astrazione.
L’attrazione della superficie della superficie è un dato essenziale di “Cactus”:
il corpo è attirato di continuo verso il basso, appesantito e recupera il suo
equilibrio con il movimento. Ogni parte termina con una rottura: il corpo
esposto allo spazio, finisce per crearlo. Ed è fatta: la danza è creatrice di
spazio. Europeo e non.”
Martina Helmig
“Berliner Morgenpost” – 29.8.1989
“Come un piccolo “Cactus” verde, Luisa Casiraghi attraversa la TANZFABRIK. E il
suo pubblico sorride, ridacchia come se gli raccontasse una barzelletta spinta.
I suoi movimenti fluidi lasciano sorpresi e “sul chi vive”. L’effetto è da humur
macabro, dato che il tema di questo solo è molto profondo. Gli argomenti sono
solitudine e nostalgia inappagate. Luisa Casiraghi riesce a far coesistere molto
bene depressione e umorismo. Diventa quasi un clown malinconico. La sua danza è
da una parte ricca di sensibilità e forza espressiva e dall’altra angolosa e
snodata.”
Dominique Bannwarth
“L’Alsace” – 7.5.1989
“L’italiana Luisa Casiraghi con “Cactus” ha intrapreso una via più difficile,
dove tutta la sua tecnica, il suo carisma e la sua plasticità ben traducono la
problematica del torpore e dell’aridità del deserto, tema tratto dal testo di
Tahar Ben Jelloun “Colpito dal deserto”. Un solo certo sofisticato, punteggiato
dai rudi accenti del contrabbasso di Joelle Léandre.”
Paola Calvetti
“La Repubblica – Vivi Milano” – 25.5.1991
“Nemo profeta in patria: questa la frase che meglio di altre descrive il destino
della coreografa Luisa Casiraghi, da anni artista indipendente e solitaria.
Infatti riceve paradossalmente più attenzione all’estero che nel nostro paese.
Eppure il suo lavoro merita attenzione. Come questo solo “Cactus”, tratto da un
testo di Tahar Ben Jelloun, “Colpito dal deserto”: la Casiraghi ne traduce
l’atmosfera di solitudine e raccoglimento interiore con una coreografia al
limite dell’intellettuale, una piéce per ballerina sola dove il movimento è
rarefatto e sofisticata espressione di un cammino dell’anima.”
Silvia Poletti
“La Gazzetta di Firenze” – 4.7.1990
“In “Cactus”, la coreografa milanese Luisa Casiraghi gioca con gli spazi e i
volumi, dimostrando una danza compatta, forte, schematica e eppure femminile
nella gonna stretta e le scarpe col tacco e soprattutto una lucidità creativa
concreta e carica di forza.”
Tilde Di Tullio
“Lighting Design” – 11.12.1991
“Ancora diverso l’assolo di Luisa Casiraghi “Cactus”. Il lavoro maturato in lei
nel tempo a Berlino e in Francia, è estremamente contemporaneo, una storia di
donna spinosa, estremamente forte, ma nel suo intimo morbida e dolce. Nello
spettacolo il viaggio si trasforma in un percorso coreografico che vede la
Casiraghi impegnata con grandi capacità tecniche al limite dell’acrobazia.”
K.C.
“Spettacoli a Milano” – 5.1991
“Un assolo, “Cactus”, nel quale Luisa Casiraghi esprime la sua abilità di
danzatrice oltre che quella di coreografa. Il suo solo è il risultato di una
nuova ricerca coreografica, in una continua altalena fra depressione e umorismo.
La sua danza è da una parte ricca di sensibilità e forza espressiva, dall’altra
angolosa e snodata!”
Paola Calvetti
“Bergamo oggi”
“Questo tipo di espressionismo è stato mirabilmente reso attraverso una danza
fatta di tipici movimenti aschematici, forti e allo stesso tempo eleganti,
plastici e incisivi. La presenza scenica statuaria e nobile della Casiraghi e
del suo gruppo ha dimostrato l’argomento con una tecnica puntuale.”
Leonetta Bentivoglio
“Panorama” – 4.9.1988
“Nel femminilissimo e sognante “Giù non c’è più nessuno”, di Luisa Casiraghi, la
narrazione è un viaggio lirico, romanzo di sentimenti strutturato in capitoli
amorosi e costruito con un sistema di gesti simbolici.”